Beppe Alfano è stato un giornalista siciliano che per anni ha raccontato e fatto emergere numerosi scandali, appalti irregolari e traffici illeciti. Una vita spezzata trent’anni fa da Cosa Nostra ma soprattutto una persona che mai si è piegata e mai ha accettato d’interrompere il suo lavoro, nonostante le minacce ricevute.
Beppe Alfano è nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 4 novembre del 1945. Frequenta l’Università degli Studi di Messina nella Facoltà di Economia e Commercio, ed è proprio nel corso degli studi universitari a Messina che conosce la sua futura moglie, Mimma Barbaro.
In seguito alla scomparsa di suo padre, prende la decisione di abbandonare gli studi e si trasferisce a Cavedine, vicino Trento, dove trova lavoro come insegnante di educazione tecnica alle scuole medie. Ritornerà nella sua terra nel 1976, continuando il suo lavoro di insegnante di scuole medie.
LA DELUSIONE DOPO LA CANDIDATURA ALLE ELEZIONI COMUNALI
Quello che trova al suo rientro è certamente un contesto politico locale mutato, che ben presto delude le sue aspettative. Candidato alle elezioni comunali per una lista civica, è visto come un personaggio scomodo e non risulta, infatti, tra gli eletti: questo, però, non lo scoraggia e lo spinge a combattere, sul piano giornalistico, la corruzione imperante in quegli anni.
La sua grande passione per il giornalismo lo porta a collaborare con alcune radio provinciali siciliane e come corrispondente de La Sicilia di Catania. Ed è con questo quotidiano che fa emergere alcuni scandali, tra appalti irregolari, massoneria e traffici illeciti.
BEPPE ALFANO: GIORNALISTA SCOMODO PER ALCUNI
Predilige il lavoro del cronista di strada e la sua forte intuizione lo porta ad anticipare spesso eventi e situazioni, tanto che le stesse forze dell’ordine considerano i suoi articoli come un’utile fonte per le loro indagini. Beppe dimostra di conoscere molto e questo molto per alcuni personaggi diventa troppo, al punto che gli fanno capire che deve interrompere il suo lavoro; ma lui non si lascia piegare e dopo aver raccontato per anni le lotte tra le cosche mafiose locali, la sua voce si spegne.
E’ alla guida della sua Renault 9 color amaranto e ha 48 anni quando tre proiettili lo raggiungono, mentre si trova a breve distanza dalla sua abitazione e dopo la terribile sensazione che qualcosa gli stesse per accadere. E’ la sera dell’8 gennaio 1993 e Beppe è la prima vittima di mafia di quell’anno, dopo un 1992 segnato indelebilmente dalle tragiche morti di Capaci e di via D’Amelio.
La firma di Cosa Nostra è più che evidente, ma nonostante questo, grazie ad una strategia di depistaggio, le indagini, inizialmente, si spostano in altre direzioni.
UN ITER PROCESSUALE INFINITO PER CHIARIRE LA MORTE DI BEPPE ALFANO
Lo stesso iter processuale non riesce, nonostante il lunghissimo periodo trascorso, a fare piena chiarezza sulla vicenda. Solo anni dopo, grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, si arriva a scoprire un quadro diverso della verità.
Contemporaneamente, la figura di Beppe Alfano viene fatta conoscere maggiormente a livello nazionale, ponendosi, finalmente, all’attenzione dell’opinione pubblica non più solo locale.
Ed è grazie alla figlia Sonia, impegnata sia in politica che nel sociale per i diritti dei familiari delle vittime della mafia, che la vicenda giudiziaria sulla morte del padre viene riaperta offrendo nuovi scenari in un lungo processo.
L’IMPEGNO DELLA FIGLIA DI BEPPE ALFANO VERSO LE VITTIME DI MAFIA
Sonia Alfano non ha mai accantonato il suo impegno nel preservare la memoria di suo padre, conducendo un’intensa attività lavorativa per contrastare la criminalità organizzata. Dal 2009 al 2014 è stata eurodeputata eletta con l’Italia del Valori. Nell’assemblea di Strasburgo ha ricoperto più ruoli, compreso quello di Presidente della Commissione Speciale sulla Criminalità Organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro.
E’, inoltre, l’autrice del libro La zona d’ombra. La lezione di mio padre ucciso dalla mafia e abbandonato dallo Stato edito da Rizzoli nel 2011.
IL CASO BEPPE ALFANO, UNO DEI MAGGIORI DEPISTAGGI DELLA STORIA REPUBBLICANA
Ci sono voluti ben tredici anni per sancire che Beppe Alfano è stato ucciso dalla mafia, un tortuoso iter processuale che lascia tutt’ora ignoti molti aspetti, comprese le responsabilità reali dell’uccisione del giornalista.
Nel corso della sua attività, Alfano ha dimostrato fino all’ultimo di essere incorruttibile: chi lo ha conosciuto sapeva perfettamente che Beppe era un giornalista che non si poteva comprare e nemmeno intimidire. Il delitto è, per certi versi, un triste ricordo di quello di un altro giornalista, Giuseppe Fava, avvenuto il 5 gennaio di 9 anni prima.
Tutto quello che ha contribuito ad insabbiare l’omicidio Alfano dimostra certamente che nel 1993 si è verificato qualcosa di inconfessabile, che ha come protagonisti Cosa Nostra, i fratelli Barcellonesi e la latitanza di Nitto Santapaola.
E per loro Alfano era decisamente un personaggio scomodo, con il fiuto e l’esperienza pari a quella di un poliziotto, un intuito da magistrato e la passione che lo portava a cercare la verità. Gli si deve il merito di aver disegnato l’organigramma delle cosche del messinese, comprese quelle di Barcellona, creando tracce importanti per gli inquirenti.
Molte purtroppo le ombre sul delitto che si snodano tra indagini e perizie balistiche mai fatte e file cancellati e poi riemersi dal suo computer. Una brutta storia che sembra davvero non avere mai fine, uno dei più grandi depistaggi dell’intera storia repubblicana.
TESTO DI MITA VALERIO