In un’epoca in cui Spotify regna, i vinili sono un piacevole ricordo dedicato agli appassionati del vintage e le musicassette non esistono più, anche il panorama musicale italiano ha subito enormi cambiamenti in fatto di stili e generi. Tuttavia, ci sono artisti che calcano il palco da più di 40 anni e mantengono la propria linea con successo. A raccontarci la propria esperienza è Max Brera, cantautore e musicista italiano che ha all’attivo numerose collaborazioni – ultima delle quali con i Dik Dik – e un’ottima carriera da solista.
Nei tuoi 42 anni di carriera, qual è stata l’esperienza o la collaborazione che ti ha portato maggiore soddisfazione?
Ho avuto tante collaborazioni nella mia vita, ma l’esperienza più bella e formativa è stata proprio la prima. Avevo 17 anni, andavo in giro con la mia moto insieme ai miei amici nel quartiere di Brera a Milano, e una sera ho parcheggiato di fronte a un locale che si chiamava Biblos – adesso al suo posto c’è una discoteca. Stavo per ripartire, quando ho sentito musica dal vivo arrivare dal locale. In un angolo c’era un tipo con la chitarra che suonava le canzoni che amavo – Claudio Ciampini, che diventò un grande amico e un grande personaggio della musica in duo con Ronnie Jackson –, così tutte le sere tornavo lì da solo per ascoltarlo. Una volta mi si è avvicinato e, parlando del fatto che anche io suonavo e cantavo, mi ha chiesto di fargli sentire qualcosa. Non mi sembrava vero! Da lì ho iniziato a suonare alcune sere a settimana, poi lui è andato via e sono rimasto io a coprire tutte le serate, naturalmente pagato. Ovviamente facevo tardi, andavo male a scuola, ma era la mia strada. Questa è stata la mia più grande esperienza, durata dal 1978 al 1985 quando sono andato a Festivalbar.
Quanti anni di studio ci sono voluti per arrivare a realizzare i tuoi sogni e perché hai scelto la chitarra come strumento base?
Innanzitutto non si finisce mai di imparare, si impara sempre, e poi io sono un autodidatta. Quando ero ragazzino andavo ad ascoltare quelli bravi, li osservavo e rubavo con gli occhi. In realtà, fondamentalmente sono un cantante e suono anche la chitarra, ma è solo un supporto alla voce. Io amo i folk singer americani, quelli che raccontano delle storie, cantano e si accompagnano con la chitarra. Poi chiaramente amo anche le band, come i Beatles, ma il mio stile è proprio da folk singer.
Cosa pensi dei talent show? Credi che possano essere una buona chiave per raggiungere il successo?
Domanda da un milione di dollari, eh? Sicuramente l’idea del talent show è una buona idea, poi dipende sempre da come viene sviluppato. Premetto che ho lavorato molto in televisione – jingle pubblicitari e altro –, ma non guardo più la tv da almeno otto anni. Non ho mai seguito un talent show, so che esistono e al pc ho visto vari spezzoni e ho un po’ curiosato quelli inglesi e americani, dove ci sono dei talenti veramente notevoli. Ma, soprattutto, hanno giurie veramente notevoli, che sono personaggi del mondo musicale di altissimo livello. Questo, secondo me, è una cosa che un po’ manca in Italia, perché so che alcuni grandi artisti sono stati fatti fuori dalle giurie di questi programmi. Uno di loro per esempio è Morgan, vero conoscitore della musica.
Cosa pensi del panorama musicale attuale?
Credo che si faccia un uso smodato dell’AutoTune. Secondo alcuni, essere intonati è una cosa obsoleta. Non sono assolutamente d’accordo. L’intonazione è alla base della carriera di un cantante, in quanto tutto si basa sull’utilizzo della voce come strumento. L’AutoTune veniva usato da artisti come Cher, ma solo per creare effetti, non per correggere la voce e renderla intonata in una canzone.
In realtà non riesco a capire le canzoni che fanno oggi in Italia. Ci sono dei grandissimi giovani talenti, ma non li fanno uscire, perché qui c’è un mainstream che non ha diramazioni ma è unico: una cosa funziona, allora solo quella cosa deve andare. Faccio un esempio banale: perché ancora oggi si ascoltano le canzoni di Lucio Battisti? Perché ha scritto delle cose importanti insieme a Mogol. La musica bella rimane bella nel tempo, non importa l’età. La musica brutta, nasce così e rimane tale.
Parliamo di concerti: cosa prevede il tuo calendario estivo?
Sarà un’estate in solitaria con concerti solo in Lombardia per il momento. Girerò da solo con la mia chitarra acustica, fatta eccezione per alcune date con un trio formato con due vecchi amici – uno suona il contrabbasso, l’altro la batteria –, ma per lo più mi sto concentrando sulla creazione di nuovi pezzi e cover in stile folk americano di brani famosi. Ma per il prossimo autunno si prevedono progetti di natura diversa che a breve renderò pubblici sui social.